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Fernando Belasteguin: Essere stato numero 1 al mondo per 16 anni non ha fatto bene al padel

Fernando Belasteguin: Essere stato numero 1 al mondo per 16 anni non ha fatto bene al padel
Foto World Padel Tour

Fernando Belasteguin ha rilasciato una lunghissima intervista a Ole dopo aver vinto l’Estrella Damm Menorca Master Final 2020 ed essere entrato ancora di più nella leggenda di questo sport.

Il giocatore classe 1979 è stato per 16 anni consecutivi numero uno al mondo.

Pandemia.

Stare chiusi in casa per due mesi e mezzo mi ha fatto bene perché mi ha dato la possibilità di potermi allenare ad alto livello. Venivo da due anni con infortuni molto gravi: ad agosto del 2018 mi sono fermato cinque mesi per una lesione al tendine del gomito che non mi ha permesso di difendere il mio primo posto in classifica. Però sono tornato per il Master e l’ho vinto. E nel giugno del 2019, nella finale a Buenos Aires, quasi mi rompo il tendine d’achille.

Scelta di Tapia, 20 anni più giovane.

Ho scelto Tapia proprio per mettermi a giocare a sinistra perché avrei avuto meno dispendio di energie. Il mio desiderio nel 2020 era quello di avere un anno senza infortuni. Stare due mesi in casa mi ha permesso di recuperare dall’infortunio al tendine. Mi ha restituito il bambino che ognuno ha dentro. Mi ha chiesto di prendermi cura di me stesso 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana. Tapia è nato nel 1999: sono stato il numero uno al mondo da quando aveva tre anni fino a quando ne aveva 19. Lì mi rendo conto della mia età, ma altrimenti, penso di poter competere facilmente contro ragazzi di 20 anni.

Scelta di Sanyo Gutierrez.

Non avevo mai giocato a destra. Il cambio è stato solo per motivi fisici dopo che mi sono rotto il tendine d’achille a Buenos Aires. Ho una testa dura ma quell’infortunio mi ha toccato psicologicamente. Mettermi a destra è stato come ricominciare a giocare a padel. Mi ha permesso di avere un’altra visione del gioco. Giocare a destra essendo destro richiede che tu sia bravo perché il campo ti si chiude. Ed ho dovuto apprendere tutto. Con Agustin sono diventato più forte, ho acquistato maggiore fiducia ed ho perso la paura di saltare e cedere che era quella che mi frenava. Io sono però un giocatore di sinistra e per questo ho scelto di giocare con Sanyo nel 2021.

Perdono alla famiglia il giorno del ritiro.

Per non esserci stato nei momenti più tristi. Il padel mi ha dato tanto, ma mi ha portato via anche altre cose. Quando sei lontano da casa dici “come sarà la sensazione quando ti chiameranno per la perdita di un parente”. Non poter abbracciare mia madre il giorno in cui è morto suo padre è imperdonabile per me, non è paragonabile a nessun titolo o ad alcun anno numero uno. O quando il nonno di mia moglie è morto tra le sue braccia. Quel giorno ero a una partita di esibizione. Poi devo scusarmi per non esserci stato, anche se è imperdonabile. Tu sai perché? Perché nei momenti belli, in generale, ci sono molte più persone che nei momenti brutti. Non posso perdonarmi il non esserci stato nei momenti brutti.

Cosa si può fare per rimediare.

Ho avuto la grande fortuna di vivere tre sensazioni diverse: perdere, essere il numero uno e allenarmi ogni giorno al massimo. E posso assicurarvi che non c’è soddisfazione maggiore di quest’ultima. Tu sai perché? Con i miei 41 anni passati non è facile, ma se non mi allenassi così, mancherei di rispetto sia alla mia famiglia a Barcellona che a quella che ho lasciato 20 anni a Pehuajó. Avrei fallito anche nei confronti dei miei nonni, che salutavo a gennaio con un bacio e quando tornavo a dicembre dello stesso anno, non sapevo se potevo dargli un altro bacio o avrei dovuto portargli un fiore, come mi è successo negli ultimi due anni. Quindi, quando provi il dolore del cuore, tutto il dolore fisico è senza paragoni. Mi allenerò ogni giorno perché credo che il meglio della mia carriera debba ancora arrivare. E se la mia carriera finirà domani, ho la tranquillità che oggi mi sarò allenato al massimo.

Più di 200 tornei vinti ma nessun trofeo in casa.

Ora sono nella stanza di mio figlio e tutto quello che c’è è una palla dipinta per metà con la bandiera dell’Argentina e metà con quella della Spagna. L’ho sempre avuto molto chiaro dentro di me, non volevo che i miei figli crescessero in quello che io chiamo “l’ambiente del campione”. Mio figlio maggiore, che ha 12 anni, ha scoperto che ero il numero uno tre fa. Un giorno è venuto e mi ha chiesto: “Papà, è vero?”. Non sapevo cosa dirgli ma dovevamo affrontare la questione. E ora segue ancora un pop la mia carriera. Mia moglie è un dentista e ogni volta che fa qualcosa non la mostra a casa. E lo dico sempre, sarò professionista per qualche anno ancora ma padre per tutta la vita. Se vieni a casa mia non c’è un trofeo perché non sono solo quello, quindi quando vinco qualcosa colgo l’occasione per darlo a un amico.

In Spagna maggior riconoscimento che in Argentina.

Se l’obiettivo della mia carriera fosse di essere riconosciuto dai media, sarebbe davvero poco saggio. Sono consapevole dello sport che gioco. E sono consapevole anche di un’altra cosa: essere il numero uno per 16 anni e otto mesi è stato molto bello per me, ma non è stato un bene per lo sport. Non c’è mai stato nessuno che è stato numero 1 così a lungo. È una cosa che penso. È molto difficile essere numero 1 così a lungo ma sento che ho tolto un po’ di serietà al circuito, non so se sia stato poi così bello. Ora quello che voglio è che si parli del padel. Voglio che si parli dello sport.
Mia moglie ed i miei amici mi hanno dato ed aiutato molto. Se i miei amici mi vedono diverso da quello che ha lasciato l’Argentina venti anni fa mi catechizzano e mi dicono “Chi pensi di essere? Sei sempre lo stesso che se ne è andato 20 anni fa”. E c’è un’altra cosa che dico sempre. Di solito chi è stato numero 1 in qualcosa è sempre quello che poi non vuole riconoscimenti. Una cosa ho imparato nella vita: più vinci e più sei vicino a perdere. Nessuno è imbattibile e devi andarci piano perché la caduta più essere brutta.

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