l primo Simposio internazionale di padel è stato, per dirla in poche parole, un momento di svolta. Partendo dai numeri, circa 700 partecipanti, e passando per i feedback di coloro che hanno assistito a una delle giornate più intense mai vissute dal movimento della pala, non soltanto in Italia. A parlarne in toni entusiastici è il direttore dell’Istituto Superiore di Formazione Roberto Lombardi, Michelangelo Dell’Edera, che sta applicando al padel quello che per tanti anni ha applicato al tennis. Arrivando ai successi che tutti, oggi, possiamo apprezzare.
“A Roma per questo simposio – spiega – sono arrivati dei relatori di qualità straordinaria. Per esempio l’argentino Martin Echegaray, che è un po’ il Nick Bollettieri del padel, essendo stato al fianco di alcuni dei più grandi campioni di questa disciplina. La sua considerazione, che evidentemente ha un grande valore visto che Martin ha partecipato a diversi meeting, è stata che questo è stato il meglio organizzato e il più partecipato a cui lui abbia mai assistito. Se la media dei partecipanti a eventi di questo tipo si aggirava intorno a quota 100, stavolta siamo arrivati a una cifra di sette volte superiore. Un trionfo”.
Nemmeno un’ora di diluvio ha fermato il simposio, visto che il trasferimento allo Stadio Olimpico ha permesso il proseguimento regolare dell’evento. “Tutti i contenuti sono stati di altissimo livello – prosegue Dell’Edera – incluso quello di Marcela Ferrari (già capitana della nostra Nazionale femminile, ndr), autrice di una relazione importante, ricca di spunti didattici”. Sono emersi contenuti per certi versi inattesi, come quello della posizione del coach all’interno di una lezione. “Non tutti ci pensano – continua il direttore dell’Istituto – ma in effetti l’allenatore di padel non può stare in campo mentre lavora, semplicemente perché non può usufruire degli ‘out’, come invece accade nel tennis. Quindi deve necessariamente stare fuori, mantenendo alta l’attenzione dei giocatori rimanendo al lato della gabbia”.
Uno dei momenti di maggiore interesse è stato quello che ha visto come protagonisti proprio i relatori dell’ISF. “Abbiamo parlato del mini-padel – sottolinea Dell’Edera – e abbiamo mostrato come si possano mettere fino a 16 bambini di 6-7 anni in quattro campetti da mini-padel all’interno di una singola gabbia, con uno spazio di un metro tra un campo e l’altro. Ai maestri è piaciuto molto, per far partire le scuole di padel per i più piccoli. Tutto questo porterà senza dubbio a una crescita esponenziale del mondo padel nei prossimi due o tre anni. Non solo tra gli adulti ma anche e soprattutto fra i giovani”.
Serve, in generale, un approccio più scientifico, più specialistico, nei confronti del mondo padel. Un approccio che nessuno in passato ha mai davvero pensato di applicare, nemmeno in Paesi avanzati in questa disciplina, come Spagna o Argentina. “Servono dati, statistiche, analisi – precisa Dell’Edera – perché solo in questa maniera si può pensare di creare qualcosa di strutturato, un sistema che cresca nel tempo. Adesso siamo nella fase di raccolta dati, considerato che quelli necessari non si potevano trovare da nessuna parte. Poi bisognerà fare in modo di studiarli per capire come e dove migliorare. Certamente anche noi dell’Istituto siamo in un momento di formazione. Oggi il padel vive il periodo che il tennis ha vissuto negli anni Settanta: ognuno vive la propria realtà e la propria verità. Serve tempo per costruire il confronto”.
Una delle protagoniste del simposio, per l’ISF, è stata Sara Celata: “Il livello dei relatori – spiega – è stato altissimo, e tutti i feedback sono stati assolutamente positivi. A chi ancora si chiede se il padel sarà una moda passeggera, possiamo rispondere proprio coi numeri di questo evento e con il grande interesse che tutti i partecipanti hanno manifestato. Altri dati decisivi sono quelli relativi all’aumento dei ragazzi delle scuole padel e all’aumento dei partecipanti dei tornei”.
L’altro rappresentante dell’ISF e coordinatore dei raduni del padel è Martin Pereyra, argentino ma ormai italiano di adozione, che sottolinea come il padel, oggi, sia aperto a farsi conoscere anche ad alto livello. “Diciamo – spiega – che c’è meno stress rispetto al tennis dei big. Potrei paragonarlo al circuito di doppio dell’Atp, dove i campioni sono campioni comunque, ma sono meno sotto ai riflettori rispetto alle star del singolare. A livello di sistema, i campi oggi non sono più solo affittati per singole ore dagli adulti, bensì presi in carico dalle scuole per i ragazzi più piccoli. Questo fa una enorme differenza”.
Fonte Federtennis